Nunzianna Di Tursi
Dall'affidamento "sine die" all'adozione mite
Aggiornamento: 13 giu 2022
Evoluzione di un nuovo istituto giuridico: dalle criticità, alle speranze, alla decostruzione-affermazione del principio della "extrema ratio" a favore del superiore interesse del minore

Come ormai noto, l'ordinanza n. 35840/2021 della Corte di Cassazione, sancisce la possibilità di ricorrere ad una nuova forma di adozione, ossia quella dell'adozione mite, qualora i genitori biologici di un minore risultassero incapaci di curare il proprio figlio o si dimostrassero inadeguati allo svolgimento del ruolo genitoriale.
Questa nuova forma di adozione permette di affidare il minore ad una nuova famiglia che sappia prendersene cura, cercando di non trascurare i rapporti affettivi e giuridici che il minore intesse con la propria famiglia di origine.
Stando alle nuove direttive in vigore, le autorità devono cercare misure concrete per permettere al minore di vivere con i genitori biologici; qualora ciò non fosse possibile, il minore dovrà essere affidato ad una nuova famiglia, che garantisca comunque il legame con i genitori biologici (laddove però non vengano accertate le condizioni di abbandono totale e permanente del minore).
Per richiedere l’adozione mite non è necessario che sussista il presupposto della situazione di abbandono morale e materiale: basta infatti il consenso dei genitori o del tutore di adozione.
Affinché si istruisca la pratica, è necessario presentare domanda al Tribunale per i Minori di competenza, portando la relativa documentazione del caso: i potenziali genitori devono presentare dichiarazione di disponibilità ad un affidamento di tipo familiare e devono assumere un comportamento tale da favorire il rientro nella famiglia di origine allo scadere del tempo fissato dal Giudice.
Qualora il rientro nella famiglia di origine non fosse possibile al termine dell’affidamento, i potenziali genitori devono essere pronti all'adozione. Questa nuova adozione sarà un’adozione speciale, per cui bisognerà presentare domanda presso il Tribunale dei Minori competente ed il periodo di durata dell’adozione mite sarà determinato nel tempo di due anni (ci possono essere però dei casi in cui il giudice può disporre il rientro nella famiglia di origine anche prima dei due anni; in egual modo il giudice può prorogare tale periodo).
In sostanza, dunque, l'ordinanza n. 35840/2021 della Corte di Cassazione predispone in extrema ratio l'adozione piena e legittimante (che recide ogni rapporto tra genitori e figli), qualora la relazione con i genitori risulti contraria all'interesse dei minori; se però il rapporto affettivo è presente e si è in presenza solo di genitori fragili, allora l'adozione mite è la soluzione da preferire.
Si afferma così l'assunto secondo il quale l'adozione mite si differenzia da quella piena o legittimante nella misura in cui, a differenza di quest'ultima, il vincolo di filiazione giuridica si sovrappone a quello di sangue senza estinguerlo, anche se l'esercizio della responsabilità genitoriale spetta all'adottante.
Ma quando e come viene concepito questo istituto giuridico ormai approvato, seppure ancora poco preferito ?
Facciamo un passo indietro nel tempo e portiamo in luce la sperimentazione condotta a partire dal 2003 dal Tribunale per i Minorenni di Bari, nella persona del dott. Occhiogrosso.
Il diritto del minore a vivere in una o nella propria famiglia viene proposto per la prima volta dalla legge 184 del 1983. Tale legge introduce l'affidamento familiare e l'adozione legittimante quando la famiglia non riesca a garantire lo sviluppo e l'educazione del minore, nonostante gli interventi di aiuto e sostegno proposti dagli enti locali, stato o regioni.
Considerato il concetto sempre più forte di continuità degli affetti e importanza delle origini, nella disciplina dell'adozione -art. 44- viene introdotto l'istituto flessibile dell'adozione in casi particolari, e così a partire dal giugno 2003, il Tribunale per i Minorenni di Bari ha dato il via alla sperimentazione per l'adozione mite.
L'adozione mite nasce con l'obiettivo di rafforzare il processo di de-istituzionalizzazione dei minori, permettendo così l'inserimento del minore nella famiglia di origine, affidataria o adottiva. Per quanto riguarda gli aspiranti adottanti, è stato costituito un registro di domande di adozione mite, da affiancare a quelle di adozione nazionale ed internazionale. Previo svolgimento dell'indagine istruttoria (per ogni domanda attraverso una richiesta di relazione psico-sociale al consultorio familiare, colloqui con i giudici onorari ed esame conclusivo in camera di consiglio) alle famiglie disponibili all'adozione mite, viene chiesta innanzitutto la disponibilità all'affidamento familiare che potrà essere temporaneo e concludersi con il rientro del minore in famiglia, oppure -quando il rientro del minore in famiglia risulterà impraticabile- porterà all'adozione in casi particolari (non viene esclusa la possibilità di procedere all'adozione piena quando la situazione familiare determini l'abbandono totale del minore).
La sperimentazione del Tribunale di Bari consta di due fasi: la prassi operativa e la realizzazione di un progetto culturale finalizzato a modificare la legge 184.
Vengono dunque strutturati due nuovi modelli.
L'adozione aperta presuppone il semi-abbandono permanente e prevede un procedimento simile a quello dell'adozione legittimante, seguito dall'affidamento pre-adottivo ad una famiglia che porta alla pronunzia di adozione aperta con effetto legittimante. Dopo la sentenza di adozione aperta, il minore mantiene i rapporti con la famiglia di origine. L'adozione aperta è consentita solo alle coppie aspiranti all'adozione che presentino i requisiti indicati nell'art. 6 della l. 184: non è quindi consentita né ai singoli, ne ai conviventi. L'adozione mite prevede l'esistenza di uno stato di semi-abbandono presunto che si incontra quando, determinandosi l'affidamento sine die, risulti impossibile il rientro del minore nella famiglia di origine per la grave e continua insufficienza dei genitori. In questo caso, il servizio sociale locale segnala il tutto alla Procura della Repubblica e il Tribunale procede all'affidamento familiare di tipo giudiziario, scegliendo tra coloro che hanno proposto dichiarazione di disponibilità all'adozione mite. Alla scadenza del termine dell'affidamento familiare, il Tribunale dispone l'adozione mite con procedimento simile a quello dell'adozione in casi particolari. Dopo un anno dalla sentenza può essere disposta la conversione dell'adozione mite in adozione legittimante.
Abbiamo detto che l'adozione mite introduce il concetto di semi-abbandono presunto e di affidamento sine die. Per quanto riguarda quest'ultimo parere, è necessario partire dalla nozione di affidamento familiare, previsto nei casi di minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo alla loro crescita.
Nella forma ideale, i caratteri dell'affido sono l'accoglienza, la collaborazione fra affidatari e famiglia di origine e la temporaneità. Tuttavia rispetto al modello legislativo, la realtà è molto diversa: le cause che hanno determinato un utilizzo distorto dell'affidamento familiare possono ravvisarsi nella scarsa disponibilità di famiglie affidatarie, scarse risorse finanziarie destinate alla sua attuazione e ridotto impegno degli enti e dei servizi.
Secondo Occhiogrosso, l'esigenza di dare una disciplina all'affidamento che non ha termine è necessaria perché essa non si risolve applicando solo l'art. 44 lettera d) della l.184.
L'adozione in questi casi particolari si distingue dell'adozione legittimante perché non conferisce all'adottato la qualità di figlio legittimo, ma di figlio adottivo, facendolo diventare erede dell'adottante ma non dei suoi familiari. I casi in cui è possibile questo tipo di adozione riguardano: il minore che sia orfano di entrambi i genitori, adottabile da parenti fino al sesto grado o da persone a lui legate da persistente rapporto stabile e duraturo; il minore che può essere adottato dal coniuge del proprio genitore biologico o adottivo; il minore per il quale vi sia la constatata impossibilità di affidamento pre-adottivo.
In breve, l'adozione mite presenta alcuni vantaggi rispetto all'adozione aperta perché risulta graduale, consente il superamento della condizione di minore nel limbo; instaura con i genitori un colloquio aperto finalizzato a far consentire loro all'adozione del figlio (coscienti che non perdono i rapporti col minore).
Sebbene gli aspetti positivi, molte sono state le critiche alla sperimentazione barese.
L'Anfaa, per esempio, ha ritenuto che l'adozione mite genera uno svilimento dell'adozione e il rischio di un utilizzo strumentale dell'affidamento inteso come scorciatoia per l'adozione. Secondo altri studiosi, la preoccupazione è generata dal fatto che l'adozione mite viene disposta in capo agli affidatari senza l'accertamento della procedura secondo gli artt. 8 e ss. della legge 184: a parer loro, dunque, non garantisce la famiglia di origine e non si pone come rimedio all'affidamento sine die.
Secondo Laera, le critiche all'adozione mite sono dettate da una eccessiva prudenza e dalla paura della novità: l'adozione mite può essere accettata in una ottica di risposta a situazioni diverse da quelle di abbandono classiche.
Secondo Franco invece, l'adozione mite non può divenire una scorciatoia intrapresa da soggetti che non possono accedere all'istituto dell'adozione, né può rappresentare una giustificazione all'eventuale fallimento del progetto proposto dai Servizi Sociali. Inoltre, poiché fomenta la creazione di situazioni di limbo, dovrebbe usarsi solo quando si voglia perseguire l'interesse del minore.
Secondo altri studiosi, invece, l'adozione mite ha consentito di scoprire la nuova categoria del semi-abbandono permanente; agevola l'uscita dei bambini dagli istituti e ne favorisce il rientro in famiglia; non produce strappi per l'allontanamento del bambino dalla famiglia di origine in quanto è graduale e non stigmatizza la famiglia di origine qualificandola come "abbandonica".
In sostanza, sebbene la sperimentazione barese abbia puntato a rimodellare la normativa "adozionale" , l'istituto mite rimane a tutt'oggi un intervento molto delicato. Se proporre l'adozione mite ha significato deviare l'affidamento familiare e l'adozione in casi particolari per sopperire alla inadeguatezza, inefficienza e difficoltà delle politiche sociali locali e del sistema di protezione giudiziaria dell'infanzia del passato; partendo dalla cultura di fondo che ha ispirato l'adozione mite, si resta a distanza di tempo concordi con il parere di Occhiogrosso nel punto in cui ritiene di prendere in considerazione la grande affinità fra principi dell'adozione mite e quelli della mediazione familiare, per puntare alla piena realizzazione di quest'ultima, cercando di stabilire e normare contenuti, ruolo e formazione del mediatore familiare.
Per visualizzare la Sentenza delle Corte di Cassazione sull'adozione mite, si apra il documento che segue.