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  • Immagine del redattoreNunzianna Di Tursi

Fiocchetto Lilla e DCA: quali prospettive ?

Aggiornamento: 13 giu 2022

Giornata Nazionale dei Disturbi Alimentari. Ipotesi di studio e possibilità di intervento dei servizi sociali, nella gestione dei pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare.



Secondo la definizione dell'OMS, i DCA sono un insieme di "patologie complesse caratterizzate da un comportamento alimentare disfunzionale, una eccessiva preoccupazione per il peso e una alterata percezione della propria immagine corporea".

Solitamente, quando parliamo di DCA, facciamo riferimento all'anoressia e alla bulimia, ma in questo elenco rientrano anche il binge-eating, l'ortoressia, la bigoressia, il disturbo da ruminazione, il picacismo (o più semplicemente pica) e la sindrome da alimentazione notturna.

Dati risalenti agli ultimi mesi del 2021, riportano che l' Italia ha registrato circa 3 milioni di persone affette da disturbi dell'alimentazione. E' il Ministero della Salute a darne indicazione, precisando che ogni anno si registrano 8500 nuovi casi. In prevalenza il numero di nuovi accessi è costituito da donne, ma tende ad aumentare anche la percentuale maschile. Addirittura, secondo il Ministero, i DCA riguardanti le ragazze rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali.


I disturbi del comportamento alimentare, se trattati adeguatamente, si possono risolvere nell'arco di qualche anno, e si può raggiungere nella maggior parte dei casi una guarigione stabile. Nell'anoressia nervosa, dopo 2-4 anni i sintomi sono scomparsi o attenuati nel 20-30% dei casi, e dopo 8 o più anni nel 70-80% dei casi. I tempi di recupero sono lunghi, ma nei casi trattati correttamente non ci sono vittime. Al contrario, se il trattamento non è tempestivo ed efficace, il tasso di mortalità per anoressia supera il 10% ed è il più alto tra le malattie psichiatriche. Secondo i dati delle dimissioni ospedaliere, nel 2016 in Italia le vittime sono state 3.360. Anche questa cifra è probabilmente in difetto perché i decessi spesso vengono classificati sotto un’altra forma, soprattutto come arresti cardiaci.


Il fenomeno, apparentemente noto, risulta invece avere più di un lato oscuro.

Poiché è stato riscontrato che ci si rivolge agli esperti solo quando la situazione clinica e psicologica del soggetto risulta esplosa, ne emerge che siamo di fronte alla necessità di studiare ulteriormente il fenomeno, per comprenderne i meccanismi che lo innescano.


Una certezza, nello sbandamento iniziale provocato dalla lettura degli numeri è che, con l'avvento della pandemia, possiamo parlare dei DCA come di una vera e propria "emergenza sociale".


Nel 2021 è stato richiesto al Ministero della Salute di inserire i DCA tra i livelli essenziali di assistenza (LEA), al fine di facilitare l'accesso alle cure.

Un elemento che, tuttavia, lascia basiti è quello per cui, ad oggi, i DCA vengono indicati, paragonati e gestiti come disturbi mentali. E' ovvio che, visti gli effetti della pandemia sul problema, non si può parlare di disturbi mentali e si rende urgente rivedere le modalità di cura e prevenzione della malattia, che certamente va trattata da equipe interdisciplinari specializzate.


Se la causa principale di manifestazione del DCA è il disagio psicologico (come dimostrato dal lockdown che ha interrotto la routine quotidiana e ha causato squilibri nelle relazioni), è pure vero che i rapporti familiari negli ultimi decenni si sono sempre più rarefatti e sfaldati.

La fretta che caratterizza il nostro tempo, probabilmente, ha contribuito a far aumentare il numero dei casi. Sempre più spesso accade che i figli dimostrino la loro necessità di essere considerati e amati dai genitori. Tuttavia, vengono liquidati dalle figure di riferimento come "ragazzini capricciosi, maleducati, irriverenti", e così quando i sintomi della malattia si manifestano, i genitori impreparati lasciano trascorrere altro tempo fondamentale per la risoluzione del problema.

Si arriva così, repentinamente, ad affrontare situazioni talmente compromesse, che determinano ulteriori disagi all'interno del nucleo familiare: il sistema rischia di implodere e disgregarsi, ad ulteriore svantaggio del soggetto affetto dal disturbo.

Quando invece le competenze genitoriali, sono abbastanza forti da "sorreggere" il peso di un simile bagaglio, non è da escludere che si verifichino problemi e difficoltà generati da lunghi percorsi di cura, che spesso devono svolgersi lontano dalle città di origine del paziente (vista la penuria di servizi appositi nella aree del Sud Italia).


Altra minaccia grave da considerare, è quella determinata dal fatto che molti pazienti (allorché il disturbo risulti davvero di difficile risoluzione) vengono indirizzati a reparti psichiatrici per poter avere accesso alle cure (con un conseguente peggioramento della condizione clinica della persona, che molto spesso decide di lasciarsi morire).


Volendo lanciare la nostra analisi oltre la semplice constatazione, non possiamo non considerare un dato di fatto: risulta difficile accettare che i DCA rientrano tra i problemi a valenza socio-sanitaria e che occorre trattarli in quanti tali.

Albertazzi, regista di "Hangry Butterflies", a tal proposito afferma che sebbene oggi i DCA siano inseriti tra le malattie psichiatriche, andrebbero trattati in maniera differente, "non solo per epidemiologia ed eziologia, ma anche per il tipo di cure che si rendono necessarie. Sono disturbi che prevedono un differente trattamento terapeutico. La cura dei DCA va scorporata da quelle malattie, perché tratta di due approcci diversi".


Molti studiosi affermano che, nel trattamento dei DCA debbano essere coinvolti non solo psicologi o psichiatri, ma anche dietisti, endocrinologi e cardiologi.


E gli assistenti sociali ? Chi definisce l'importanza di questa figura professionale nel trattamento dei DCA? Chi esplora il contesto sociale in cui si sviluppa un DCA? Perché mai non si considera per niente l'aspetto relazionale e di contesto in cui il paziente è inserito (nella fase precedente ed immediatamente successiva alla manifestazione dei primi sintomi) ? Come mai nessuno considera l'impatto che la rete di aiuto può avere, sulla capacità del soggetto di fuoriuscire dal problema ed anche sulla potenziale insorgenza della malattia? Perché non si lascia più ampio margine di intervento all'operatore sociale, relativamente alla gestione del sistema-famiglia in cui il soggetto muove i suoi passi? Chi valuta quale ruolo svolgono in tale ambito le reti amicali in cui il paziente è inserito ? E il sistema dei servizi esterni alla famiglia che ruolo può svolgere ? Chi, inoltre, deve coordinare i tanti attori che prendono in cura il paziente nella sua globalità ? E se si considerasse il soggetto affetto da DCA non come paziente, ma come persona "dotata di sentire" ? E se si considerasse il suo "sentire" come punta di un iceberg che andrebbe analizzata dal punto di vista sociale ?


Durante gli ultimi anni si è avvertita sempre di più la necessità della figura dell’assistente sociale nella cura dei DCA. L’assistente sociale si pone proprio come professionista che da sostegno e promuove il benessere così come sostenuto anche dal Codice Deontologico. L’art. 39 Titolo V disciplina che “L’assistente sociale contribuisce a promuovere, sviluppare e sostenere politiche sociali integrate, finalizzate al miglioramento del benessere sociale e della qualità di vita dei membri delle comunità, con particolare riferimento a coloro che sono maggiormente esposti a situazioni di fragilità, vulnerabilità o a rischio di emarginazione, tenuto conto del livello di responsabilità che egli ricopre e in funzione degli effetti che la propria attività può produrre”. Questo ci fa capire l’essenzialità della figura dell’assistente sociale nella cura dei disturbi alimentari. Inoltre, come sostiene L. Teodomo, per la cura dei disturbi alimentari è fondamentale un lavoro che coinvolga diverse figure professionali così da rispondere in maniera più efficace ad un bisogno che si presenta come multifattoriale. E' per questo che è necessario non solo l’intervento dello psicologo, ma anche quello congiunto dell’assistente sociale, degli infermieri, dei medici, nutrizionisti e dietisti. "L’assistente sociale nello specifico si muove tra un lavoro di rete per ampliare la rete sociale, ormai in crisi, della persona che soffre e lavoro di équipe. Oltre al lavoro di équipe l’assistente sociale deve mettere in atto tutte quelle azioni che anticipano e prevengono questi disturbi attraverso progetti rivolti alla promozione della salute".


E dunque, se i DCA fossero aggiunti alla lista dei LEA separatamente dai disturbi mentali, mai occasione sarebbe migliore affinché i servizi sociali venissero interessati ancor più attivamente dall'argomento. Perché venga garantito accesso immediato alle cure mediche adeguate (disponendo di fondi sufficienti e strutture specializzate in ogni regione), sarebbe opportuno fornire anche immediato e preferenziale accesso ai servizi sociali specialistici, affinché si garantisca una presa in carico globale del sistema famiglia e del sistema extra-familiare in cui la persona è inserita. Il ruolo che attualmente ricopre l'assistente sociale non è sufficiente: gli occorre maggiore possibilità di intervento !


Dunque, se questa pandemia ha sollevato il problema, facendolo diventare emergenza, è bene che si guardi in fondo a questa emergenza e si comprenda che il DCA non è solo lo stato del singolo, ma di un intero sistema mal-funzionante e che trova il suo modo di esprimersi nel corpo anoressico o bulimico di un solo individuo (che probabilmente è l' anello più debole dell'intero sistema).

Certamente ha ragionato in questa ottica anche l' I.C. "San Francesco d'Assisi" di Biella, che nel 2021 ha presentato un progetto sul tema dei DCA.

Il progetto prevede la realizzazione di eventi formativi per insegnanti e genitori degli Istituti Scolastici aderenti, tenuti da esperti legati al mondo dell'alimentazione. Oltre agli eventi di formazione, sono previsti laboratori didattici nelle scuole legate alle tematiche precedenti, ma destinati agli alunni nella fascia 3/14 anni, con differenti e innovative metodologie (laboratori di cucina, di registrazione di video-ricette, di coltivazione orti, di riconoscimento di sapori e odori, di giornalismo sociale ...); inoltre è prevista l'adesione a progetti nazionali per le scuole, sempre a tema alimentazione.

Il progetto vuole far riflettere sull'alimentazione ed offrire spunti per la scoperta del mondo naturale e delle possibili connessioni con l’alimentazione: infatti è dimostrato che una corretta alimentazione è fondamentale, non solo per assicurare all'individuo uno stato di nutrizione ottimale, ma anche per tutelare la salute e garantire la qualità di vita.

Il progetto ha il duplice obiettivo di diffondere buone pratiche legate all'alimentazione sana e di incentivare la coltivazione di orti e l'utilizzo di prodotti della filiera locale, con i seguenti obiettivi educativi trasversali e interdisciplinari.


Questo progetto ha come finalità il far acquisire sane abitudini alimentari, stimolando l'abbandono di comportamenti errati, a partire dai bambini della scuola dell’infanzia e naturalmente dalle loro famiglie.

Ad oggi, il Ministero della Salute ha accettato di tenere un tavolo tecnico con le associazioni impegnate su questo argomento, per discutere riguardo al piano da adottare, e ci auguriamo che le voci della manifestazione tenutasi ad ottobre 2021 a Roma a tal proposito, sortiscano l'effetto desiderato.

Il nostro personale auspicio è che la Giornata del Fiocco Lilla, porti informazione su un tema così poco e mal conosciuto.

Speriamo, inoltre, che il Ministero della Salute riesca a guardare con occhio non solo "clinico",ma anche e soprattutto "sociale" ai problemi relativi all' "emergenza DCA", e che faccia un passo avanti rispetto a quanto richiesto dalle associazioni di settore e che comprenda che non si può salvare il singolo se non si salva tutto il sistema al singolo collegato.


Come scrive Chiara Sole: "Chi vive i disturbi alimentari in prima persona, e la società stessa, tende a sminuire queste malattie così gravi, perché mangiare è normale, ma per chi vive in questa prigione mentale, non lo è affatto, anzi si tratta di una immensa sofferenza".

"SE AMI QUALCUNO, DAGLI PESO"

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