Nunzianna Di Tursi
Primo Maggio: festa del lavoro in salsa italiana
Aggiornamento: 13 giu 2022
Disamina dei diritti dei lavoratori italiani, alla luce della Fonte Normativa Costituzionale e di altre Leggi e Regolamenti a tutela del lavoro dipendente.

All'ombra dei cambiamenti introdotti dalla pandemia Covid-19 che ha modificato il nostro modo di vivere e le nostre prestazioni professionali;
in occasione della Festa dei Lavoratori Italiani, ci siamo interrogati (così come siamo abituati a fare in rispondenza dei nostri precetti professionali) su quali sono, ad oggi, i diritti dei lavoratori italiani e le garanzia a sostegno dei lavoratori svantaggiati.
Senza pretesa di esaustività, anche a causa dell’ampiezza e complessità dell'argomento, abbiamo preferito rivolgere la nostra attenzione agli articoli della Costituzione Italiana e del Codice Civile che trattano la materia del lavoro; uno sguardo ulteriore lo abbiamo dedicato, poi, alla Legge n. 300 del 1970 e al Regolamento UE 651/2014 art. 2 n.4, riguardante il lavoratore svantaggiato.
Le più importanti fonti normative sui diritti del lavoratore, le troviamo come di seguito esposte:
Art. 1 Cost. “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Art. 4 Cost. “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Relativamente ai Rapporti Economici, l’art. 35 Cost. ci indica che “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”;
l’ art. 36 Cost. si muove a sostegno del lavoratore indicando che lo stesso “ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
L’Art. 37, invece, fa riferimento alla condizione della donna lavoratrice, e riferisce che la donna“ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.
Altro riferimento lo abbiamo nell'art. 38:
“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo, provvedono organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera”.
Passando invece in rassegna il Libro Quinto Del Lavoro artt. 2060 – 2642 del Codice Civile, ed in particolare il Titolo III – Lavoro Autonomo- artt. 2222-2238 e il Titolo IV – Lavoro Subordinato- artt. 2239 – 2246, possiamo notare come l’interesse del legislatore venga rivolto alle situazioni riguardanti il pericolo del lavoro minorile. Lo Stato impone il limite minimo di età per il lavoro salariato a 16 anni. Ulteriori riferimenti li troviamo nella L. 296/2006.
L’età minima di ammissione al lavoro, che non può essere inferiore all'età di obbligo scolastico, è appunto 16 anni dal 2007 e, quindi, occorre avere almeno la Licenza di Scuola Secondaria di Primo Grado, più un corso di formazione riconosciuto dallo Stato.
Per i minori vige anche il divieto di lavoro notturno dalle 22.00 alle 6.00 e gli stessi non possono lavorare oltre le 4.5 ore consecutive.
Riguardo alla durata massima della settimana lavorativa (oltre a riposo, pause e ferie) secondo il D. Lgs. 66/2003 che recepisce la Direttiva 93/104/CE, possiamo affermare che nell'ordinamento legislativo italiano non è definito un limite giornaliero della durata di orario di lavoro e neanche di “settimana lavorativa”: può quindi decorrere a partire da qualsiasi giorno.
Esistono anche delle importanti leggi organiche sul Lavoro. Ne sono esempio lo Statuto dei Lavoratori, i Jobs Act del 2014-2016, il D. Lgs. 15 giugno 2015 n. 81 e la regolamentazione condivisa del lavoro fra Stato e Regioni, in materia di tutela e sicurezza del lavoro, formazione, stage-tirocinio e centri per l’impiego.
Altro appunto merita l’orario lavorativo settimanale: esso è definito nel numero di massime 40 ore settimanali e si fa riferimento alla durata media delle prestazioni lavorative o alle indicazioni del CCNL, sino ad un massimo di 48 ore comprensive di straordinari (sommabili in 250 ore annuali di straordinari).
Riguardo al lavoro notturno, è definito che l’orario deve essere compreso tra le 22.00 e le 6.00 e deve prevedere un compenso maggiorato. Un lavoratore si può definire “notturno” se svolge almeno 3 ore di attività fisica o intellettuale all'interno di una giornata lavorativa, e comunque almeno 80 giorni di lavoro in un anno con questa modalità. Vige il divieto di lavoro notturno per le donne in stato di gravidanza (o entro il primo anno di età del bambino) e non vi è l’obbligo di lavoro notturno per le lavoratrici con i figli di età inferiore ai tre anni o per unico genitore affidatario con figlio minore di anni 12 o con soggetto disabile a carico.
Un altro argomento dibattuto è quello delle pause giornaliere: la durata è legata ai CCNL ed è presente se la giornata è superiore alle 6 ore.
La pausa non può essere inferiore a dieci minuti fra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero. Il riposo giornaliero deve avvenire dopo almeno 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore; il riposo settimanale deve consistere in 24 ore consecutive ogni 7 giorni, almeno un giorno a settimana; mentre le ferie annuali non dovrebbero essere inferiori a 4 settimane, retribuite e non sostituibili con “indennità di ferie non godute”.
Un ulteriore riferimento vogliamo riservarlo allo Statuto dei Lavoratori (legge 300 del 20 maggio 1970). Tale norma contiene riferimenti relativi a numerose situazioni specifiche e i principali argomenti trattati sono inerenti al rispetto della dignità del lavoratore, alla libertà e alle attività sindacali.
I principali diritti dei lavoratori sono:
-la libertà di opinione del lavoratore (art. 1). Non si può essere discriminati per opinioni politiche e religiose (nemmeno in fase di selezione o assunzione); non si può essere discriminati per l’orientamento sessuale o l’identità di genere.
-i permessi per motivi di studio a coloro che frequentano scuole primarie, secondarie, istituti di formazione professionale o l’università (art. 10). La tutela dell’attività sindacale e il principio di reintegro (sostituito poi dall'indennizzo con la riforma Jobs Act 2015) nel posto di lavoro, sono contemplati in caso di licenziamento ingiustificato ed applicati ad aziende con più di quindici dipendenti (artt. 18 – 27, art. 35).
Nello svolgimento dell’attività lavorativa, peraltro, sono sanciti alcuni divieti a tutela del lavoratore:
-il divieto di assegnare le guardie giurate al controllo dell’attività lavorativa dei lavoratori; il divieto di accertamento diretto da parte del datore di lavoro sull'idoneità di malattia o infortunio del lavoratore dipendente (art. 5). E' fatta delega agli enti pubblici competenti per tali accertamenti, attraverso la visita fiscale;
-il divieto d’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori (art. 4). A questo punto bisogna aggiungere anche l’aggiornamento della normativa a proposito dell’innovazione tecnologica, per cui è fatto divieto di controllo anche attraverso: navigatori satellitari per auto; cellulari, social network e personal computer, per coloro che hanno obbligo di reperibilità.
Il codice della privacy ha imposto, in merito di principi di applicazione ai fini di necessità, finalità, proporzionalità e non eccedenza del trattamento e vige, a tal proposito, l’obbligo di informativa del lavoratore;
-la limitazione per le visite personali di controllo sul lavoratore (art. 6) in materia di perquisizioni all'uscita del turno di lavoro, o per verificare l’appropriazione di beni prodotti o di altro materiale di proprietà dell’azienda.
Un approfondimento degno di nota merita poi, il Regolamento UE 651/2014 art. 2, n.4 riguardante il lavoratore svantaggiato.
Per lavoratore svantaggiato si fa riferimento a colui che:
-non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
-ha un età compresa tra i 15 e i 24 anni;
-non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o ha completato la formazione a tempo pieno da più di due anni e non ha ancora ottenuto un primo impiego regolarmente retribuito;
-ha superato i 50 anni di età; è un adulto che vive solo con una o più persone a carico;
-è occupato in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sotto-rappresentato;
-appartiene ad una minoranza etnica di uno stato membro e ha la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso al mondo del lavoro.
Come evidente, lo Stato tutela i lavoratori e contempla ed attribuisce loro diritti insindacabili e fondamentali cui ottemperare.
Qual è, invece, allo stato degli atti, la situazione reale? Quali e quanti norme trovano applicazione nei luoghi di lavoro, da parte dai datori di lavoro e dai preposti ai controlli ? Qual è la posizione di ruolo e di mansione che i lavoratori dipendenti riescono a "guadagnarsi" (a volte per costrizione, altre per propria volontà o subalternità intellettuale) sui propri ambienti di lavoro?
Conosciamo il diritto, usiamolo come scudo (o come strumento) e ... buon 1 maggio ogni giorno, Italiani e Lavoratori.